black-white-cow-standing-field-with-its-calfIl benessere è uno stato di salute completo, sia fisico sia mentale, in cui l’animale è in armonia con il suo  ambiente”.
(Sally Hughes)

Il concetto di benessere (welfare) animale, distinto da quello di buono stato di salute (wellbeing),  fu definito per la prima volta dallo zoologo Inglese Francis Brambell (nel famoso Brambell Report: Report of the Technical Committee to Inquire into the Welfare of Animals Kept under Intensive Livestock Husbandry Systems,”)  nel lontano 1965  per essere applicato alle condizioni di vita degli animali da allevamento, ma in seguito venne esteso a tutti gli animali.

Il concetto di “benessere” è abbastanza complesso, ma sicuramente include sia la sfera fisica sia quella mentale, e questo vale per tutti gli esseri senzienti. In natura gli animali attuano strategie che permettano loro di adattarsi (coping) alle condizioni esterne. La risposta immediata a un a variazione dell’equilibrio esistente è di tipo comportamentale, ma nel lungo periodo i cambiamenti coinvolgono alterazioni di tutto l’organismo e del sistema immunitario. Se l’animale non è in condizioni di mettere in campo le proprie strategie di coping, perché incapace o perché impossibilitato, la sua salute psico-fisica, lo stato di benessere, ne sarà compromesso.

Anche se inizialmente l’interesse per il benessere animale era finalizzato al maggior rendimento degli animali da allevamento e da lavoro, e le “cinque libertà” reclamavano una qualità di vita minima, ai limiti della sopravvivenza, e volta a limitare le perdite per meri motivi economici, dal 1965  le “five freedoms” hanno dato vita a una serie di interpretazioni sempre più articolate  via via che ci si rendeva conto della complessità e profondità del concetto di “benessere psicofisico”.  Stiamo faticosamente percorrendo la strada che conduce alla consapevolezza che tutti gli esseri senzienti hanno diritto a soddisfare i propri bisogni primari, in quanto capaci di provare emozioni e sensazioni quali il dolore, la frustrazione,  la soddisfazione, etc. e che non è accettabile, né sostenibile,  una supremazia dell’essere umano sugli altri esseri.

A tutt’oggi le cinque libertà di Brambell restano un pilastro da cui partire per valutare se i minimi bisogni specie-specifici di un animale sono soddisfatti.

Vediamole in breve nella loro accezione più elementare:

  • Libertà dalla sete e dalla fame. Ovvero avere accesso ad acqua pulita e a una alimentazione adeguata e sufficiente.
  • Libertà di avere un ambiente adeguato. Ovvero avere a disposizione un riparo sicuro e sufficiente spazio per muoversi.
  • Libertà dal dolore, dalle ferite e dalle malattie. Ovvero accesso alle diagnosi e cure veterinarie necessarie per mantenersi in buona salute fisica.
  • Libertà di esprimere le proprie caratteristiche comportamentali. Ovvero godere di uno spazio sufficiente, della compagnia dei propri simili e di poter soddisfare tutti i bisogni specie-specifici, dalle relazioni sociali,  alla riproduzione, alla territorialità, etc.
  • Libertà dalla paura e dallo stress. Ovvero vivere in condizioni che non provochino stress emotivo e mentale, liberi da maltrattamenti fisici e psicologici.

Noi siamo tutti responsabili delle condizioni di vita degli animali, siano in cattività, in quanto fruitori di parchi divertimento, acquari, etc., siano quelli destinati all’alimentazione umana, perché mangiamo la carne, il pesce, o le uova, etc., siano allevati per la loro pelle o pelliccia, o per la sperimentazione scientifica, perché assumiamo farmaci e siamo consumatori di saponi e cosmetici,  gli animali da lavoro, dai cani addestrati, ai cavalli da traino e da corsa, agli elefanti.

Insomma, gli animali in ogni angolo del mondo vengono usati, sfruttati, sezionati, addestrati, esibiti, e per questo dobbiamo chiederci in quante circostanze queste libertà (e diritti) siano realmente soddisfatte, non perché siamo buoni o buonisti, ma perché “La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali” (M. Gandhi).

Anche i nostri amati animali domestici sono spesso costretti a vivere in condizioni in cui sono deprivati dei loro diritti fondamentali e indispensabili al loro benessere, a volte senza che ne siamo consapevoli, spesso per egoismo e superficialità. Dovremmo chiederci in quante occasioni la IV libertà viene negata soprattutto a tutti i gatti  “da compagnia” costretti a vivere in un appartamento, spesso lasciati soli per ore infinite, cui è negato il diritto alla riproduzione, alla socializzazione con i propri simili, all’esplorazione  e alla caccia.

Non solo la quarta, ma ognuna di queste libertà può e deve essere oggetto di ampio dibattito, medico, scientifico e filosofico, e la loro interpretazione si evolve di pari passo con le nuove conoscenze e consapevolezza dell’infinita ricchezza e complessità del  meraviglioso mondo animale. Ognuno di noi può dare il proprio contributo, cimentandosi in qualche riflessione etica o azione  pratica, in un mondo che ha ancora tanto da imparare in quanto a  rispetto per il creato.

S.C.