Il gatto è un animale sociale solitario.
Il nostro piccolo felino, tanto per non smentire la sua complessità, ama trascorrere molto tempo da solo, soprattutto se maschio, e sempre in solitudine si dedica alla caccia, all’esplorazione e alla difesa del territorio. Ma è anche capace di complessi rapporti sociali di cui ha bisogno per soddisfare tutti i pattern comportamentali specie-specifici.
Il comportamento sociale è il comportamento o meglio tutti quei comportamenti messi in atto con i conspecifici.

comportamento sociale gatto libero non sterilizzato
In questo diagramma vediamo come si comporta un gatto non sterilizzato in età riproduttiva libero di muoversi, che deve procacciarsi il cibo ogni giorno, difendere il territorio da possibili nemici (gatti dominanti o altri predatori) e, nel caso di una femmina, prendersi cura della propria prole. Di tutte queste attività, quelle che non comportano un rapporto sociale con i consimili sono la predazione, dato che il gatto è un cacciatore solitario e, per ovvi motivi, la ricerca di un/a partner per l’accoppiamento in funzione della riproduzione. La difesa del territorio, che di norma è un’attività principalmente svolta in solitudine, può essere condivisa in alcune circostanze, come quando più gatti appartenenti allo stesso gruppo sociale si alleano per difendere il nido o scelgono di condividere lo stesso territorio di caccia tramite un complesso sistema di messaggi olfattivi e visivi (time sharing).

comportamento sociale gatto sterilizzato
Questo secondo diagramma rappresenta invece il comportamento sociale del nostro gatto di casa sterilizzato. Il bisogno di cercare un/a partner a fini riproduttivi scompare completamente in assenza di stimoli ormonali e le cure parentali vengono sostituite dal cosiddetto “allogrooming”.
Tutti i gatti tendono a formare dei gruppi sociali. Nel caso dei gatti liberi, questi gruppi possono variare in numero e densità di popolazione, in funzione di fattori determinanti come l’abbondanza di risorse (cibo e acqua), riparo dalle intemperie e sicurezza dai predatori. Dove le risorse sono abbondanti i gatti possono arrivare a formare gruppi anche molto numerosi, ad alta densità e con gerarchie flessibili.
Se parliamo di gatti che vivono in casa, la questione cambia perché il nostro micio, soprattutto se non ha accesso a spazi esterni, è di fatto costretto a una convivenza forzata con altri membri della sua stessa specie o di altre specie non scelti da lui. Il comportamento di ciascun membro del gruppo in questi casi dipende dallo spazio che ciascun gatto ha a disposizione e dalla qualità e quantità delle risorse (cibo, lettiere, ma anche spazi dove può stare da solo, punti dai quali può controllare il territorio, contatto con gli umani, etc.). Se invece il gatto che vive in casa è solo, inevitabilmente non potrà sviluppare un comportamento sociale, e la sua capacità di adattarsi a questa situazione dipende molto dal carattere, dalla sua storia e dagli stimoli offerti dall’ambiente. Bisogna però dire che, fatte alcune eccezioni, vivere da solo per un gatto è una condizione che gli imponiamo, e che per il suo benessere sarebbe meglio potesse relazionarsi con altri gatti.
In sostanza il nostro gatto non è programmato per trascorrere una vita senza relazionare mai con i propri simili e, allo stesso tempo, ha bisogno di spazi e tempi tutti per sé. Quando adottiamo un gatto, se davvero teniamo al suo benessere, dobbiamo considerare seriamente queste sue esigenze.
Nella vita domestica non ha bisogno di procacciarsi il cibo perché siamo noi a procurarglielo, ma il nostro gatto ha comunque l’esigenza di soddisfare l’istinto predatorio.
La predazione, non essendo più legata alla sopravvivenza, può essere condivisa con altri membri del gruppo, avendo assunto un ruolo più vicino al gioco che non al bisogno di procurarsi da mangiare. Infatti l’istinto predatorio del gatto non è legato al bisogno di cibo e questo spiega perché il nostro pacifico micio di casa, ben nutrito e pasciuto, non rinunci a dare la caccia a qualunque cosa si muova, magari senza poi consumare la preda; o perché preferisca interrompere un ottimo pasto per correre dietro a una lucertola che non mangerà. Da qui il pregiudizio che i gatti sono “crudeli” e amano cacciare per il gusto di uccidere. Il vero motivo è che le prede che riesce a procacciarsi sono in genere piccole e poco nutrienti a fronte di un notevole dispendio di energie, ed è per questo che il suo istinto di predatore, ancora molto forte, gli suggerisce di non trascurare nessuna opportunità che gli si presenti. Non solo, se il gatto aspettasse di essere affamato per iniziare la caccia, sarebbe già debole e avrebbe meno chance di successo. Anche se il gatto vive esclusivamente in casa, l’istinto predatorio rimane[1], ed è importante soddisfarlo fornendo occasioni di gioco che simulino il più possibile “la caccia al topo”.
La cura della prole è prerogativa delle femmine in tutti i felini; fatta eccezione per il leone, i padri si disinteressano completamente dei loro cuccioli e non li riconoscono come propri figli; il loro contributo alla preservazione della specie si limita all’accoppiamento, e forse non potrebbero fare altrimenti; infatti una femmina può partorire cuccioli di padri diversi dato che la sua ovulazione è indotta durante l’accoppiamento e può accoppiarsi con maschi diversi durante lo stesso calore. Solo molto raramente accade che un gatto maschio, non sapendo se sono figli suoi o meno, attenti alla vita dei nuovi nati. Non è quasi mai necessario allontanare il maschio di casa dalla cucciolata, basta osservare come si comporta e capire se ha atteggiamenti aggressivi.
Mamma gatta è una madre attenta, molto premurosa e capace di grandi sacrifici per proteggere la sua prole. La cura dei piccoli è un comportamento sociale in quanto non è raro che due femmine, specie se imparentate, si aiutino e collaborino nell’accudimento dei cuccioli quando sono ancora nel nido: può accadere che una delle due, più abile, sia impegnata nella caccia per procacciarsi il cibo mentre l’altra funge da “balia”, oppure che mentre mamma gatta trasferisce i cuccioli uno alla volta in un nuovo nido, la balia faccia la guardia a quelli rimasti indietro. Questa cooperazione diminuisce di molto il rischio che i cuccioli rimangano vittime di predatori mentre sono incustoditi. Non sono poi rari i casi di gatte che adottano cuccioli rimasti orfani e li allattano come fossero i propri. Allo stesso modo mamma gatta che partorisce in casa, se in un clima di particolare fiducia e affiatamento, sarà disposta a lasciare i cuccioli incustoditi e farli avvicinare dal suo umano fin dai primi giorni. Se lei ce lo consente, o ci invita a farlo, possiamo prenderli in mano fin da piccolissimi, per pochi minuti alla volta, perché noi condividiamo lo stesso odore familiare; mentre sarebbe meglio che un estraneo limitasse al minimo necessario le manipolazioni dei piccoli, almeno nei primi giorni. Come sempre, la regola regina è quella dettata dal buon senso, se la nostra mamma gatta è di indole fiduciosa e pacata e se vediamo che non reagisce disperandosi quando le sottraiamo i piccoli possiamo senz’altro tenerli un po’ in braccio, ma se poco dopo che li abbiamo presi miagola disperata e si precipita a spostare il nido in un angolo meno accessibile, allora forse è il caso di lasciarla tranquilla e avvicinare la cucciolata con più cautela.
Come abbiamo ampiamente sottolineato, il gatto è solo in parte domesticato e mamma gatta in genere preferisce un angolo ben protetto e nascosto per partorire. Il motivo per cui poi sposta spesso i piccoli da un luogo a un altro è legato all’istinto di proteggerli da possibili predatori che potrebbero aver avvistato il nido, ma anche, da quell’animale pulito che è, per evitare che le deiezioni e i rigurgiti di cibo dei piccoli ed eventuali parassiti infestino il nido stesso.
Il ruolo di mamma gatta non si esaurisce con lo svezzamento, perché è lei che insegna ai piccoli l’arte fondamentale alla sopravvivenza della predazione. Una brava cacciatrice insegnerà ai suoi cuccioli come inseguire una preda, come ucciderla e come sbranarla. Non sempre i cuccioli sono studenti volenterosi di apprendere, ma mamma gatta li stimola portando animali ancora vivi nel nido e invitandoli a misurarsi con la preda. In genere i gatti si specializzano nella cattura di determinati animali, a seconda di quanto offerto dall’ambiente in cui vivono, e imparano a evitare animali che potrebbero rappresentare un pericolo per la loro incolumità, perché troppo forti o troppo grandi.
Il territorio di un gatto, anche domestico, è un concetto assai complesso che lui gestisce con diplomazia e difende con ostinazione.
Il territorio comprende due ambiti distinti che potremmo chiamare “il nido” e l’”area controllata”: la casa, cioè il nido, è invalicabile e condivisa solo con i membri di uno stesso gruppo, umani e conspecifici. L’area controllata è molto più ampia e può variare da poche centinaia di metri per una femmina a diversi chilometri per un maschio non sterilizzato. Il gatto tende a seguire sempre lo stesso percorso, in un itinerario studiato e sperimentato, ed è per questo motivo che con un po’ di pazienza possiamo insegnare al nostro gatto quali percorsi fare per evitare pericoli, reali, come un cane aggressivo, o potenziali, come il traffico stradale. Non solo, l’area dove il nostro gatto svolge le sue attività di caccia può anche essere modificata se variano alcune condizioni. Se nel tragitto che percorre dal punto A al punto B arriva, ad esempio, un gatto poco amichevole, il nostro gatto è in grado di fare delle variazioni che gli evitino di incontrarlo, oppure, grazie al “time sharing” stabilire tempi e orari per non doversi incontrare mai passando di lì.
Anche la condivisione della casa è una questione piuttosto complessa e delicata e, nonostante le grandi doti di diplomazia dei nostri gatti, qui siamo chiamati a giocare un ruolo non secondario nell’assicurare un ambiente domestico sereno e privo di attriti, perché anche noi facciamo parte dello stesso gruppo sociale. In una casa dove ci sono dei gatti, dobbiamo rassegnarci al fatto che non ci sono spazi off limits che non siano quelli minimi indispensabili, come i fornelli o il tavolo dove mangiamo noi. I gatti odiano le porte chiuse e vogliono essere in grado di posizionarsi dove meglio gli aggrada, sul letto o sul divano, sulla nostra poltrona o davanti alla finestra.
In una casa dove regnano l’equilibrio e l’armonia, e dove la densità di gatti presenti non supera i limiti tollerabili, i nostri amici sono perfettamente in grado di gestirsi gli spazi disponibili. In linea generale i conflitti nascono quando i gatti in casa sono troppi e gli spazi a disposizione non sono sufficienti. Proprio come accade a noi umani, alcuni gatti si stanno antipatici e preferiscono non incontrarsi, o incontrarsi il meno possibile. Se l’ambiente è troppo angusto per permettere loro di avere spazi autonomi si creeranno tensioni che sfoceranno in comportamenti aggressivi e indesiderati e in ultima istanza saremo costretti ad allontanare il gatto più sofferente o quello più aggressivo.
L’ampiezza dell’area controllata dipende dal carattere del gatto e dalla sua storia, dalle risorse disponibili e da quanti altri gatti circolano nella zona. Il gatto marca il territorio lasciando segni visibili con le unghie e con segnali olfattivi, ovvero l’urina e le feci. Il territorio può anche essere non continuo, ovvero può accadere che il nostro gatto abbia controllo su porzioni di territorio non contigue e che per raggiungerle abbia bisogno di attraversare zone controllate da altri gatti. Questo è possibile perché i gatti stabiliscono delle regole per cui un dato passaggio è lasciato libero al nostro gatto in orari prestabiliti. È quello che accade in ambito domestico, quando i nostri gatti si dividono una postazione ambita, ad esempio il divano o la finestra, a seconda del momento. Può anche darsi che a un certo punto il nostro gatto abbia bisogno di ricostituire il proprio territorio se, ad esempio, una parte di questo diventa inaccessibile per un qualsiasi motivo.
I gatti che vivono in casa, o in un ambiente ristretto dove le risorse abbondano, tendono a scegliere con chi fare amicizia e, se si stanno simpatici, non è raro vedere manifestazioni di allo-rubbing e allo-grooming[2] anche fra gatti che non sono imparentati fra loro. Questi comportamenti sociali “infantili” che i piccoli scambiavano con la madre, nell’età adulta hanno la funzione di consolidare i legami fra di loro, infatti attraverso il contatto fisico i gatti creano un odore specifico del gruppo, che serve a riconoscersi ed evitare conflitti. Il cosiddetto “bunting” è quando il gatto si appoggia e preme leggermente con la testa sul corpo di un altro gatto, o sul nostro; anche in questo caso il nostro gatto sta comunicando volontà di amicizia e relazione sociale, in quanto con questo gesto si appropria dell’odore dell’altro e lo fa suo.
È certo uno spettacolo commovente vedere due gatti che dormono abbracciati e che si tolettano a vicenda, anche se spesso le sessioni di allo-grooming finiscono in modo abbastanza brusco. Contrariamene a quanto si potrebbe immaginare, in genere il gatto che toletta l’altro è il gatto dominante, ecco spiegato perché quasi sempre queste sedute di toletta finiscono con il gatto in atteggiamento passivo che si ribella e si allontana.
Se un gatto di casa viene portato dal veterinario o soprattutto se è costretto a trascorrere un periodo in clinica o in un gattile, al suo ritorno potrebbe non essere riconosciuto come membro del gruppo. Il suo nuovo odore, un misto di odori di altri animali, medicinali e quelli prodotti dai feromoni della paura e dello stress, risulta estraneo e sgradevole agli altri gatti, e potrebbe essere allontanato e addirittura aggredito, almeno fino a quando non si ristabilisce un odore comune a tutti i membri.
Se al contrario due gatti si stanno antipatici, eviteranno di incontrarsi o condividere lo stesso spazio nello stesso momento, preferiranno quindi ignorarsi piuttosto che arrivare a uno scontro diretto che potrebbe comportare conseguenze cruente per entrambi. Può capitare di vedere un gatto che si alza e si allontana da una stanza all’arrivo di un altro membro della colonia con cui non va d’accordo. I gatti che vivono in casa dovrebbero sempre avere la possibilità di isolarsi e avere uno spazio proprio. I casi di aggressioni sono piuttosto rari e andrebbero affrontati con attenzione e risolti prima che degenerino.
In situazioni di sovraffollamento o di scarse risorse, potrebbe anche darsi il caso di un gatto più debole che viene bullizzato dal gruppo. Bisogna essere molto attenti, se al gatto viene costantemente impedito di avvicinarsi al cibo, o viene aggredito regolarmente ed è costretto a trascorrere tutto il tempo in un angolo senza muoversi, la vita della vittima diventa un vero e proprio inferno e allora, se in stato di libertà, non è raro che il povero gatto decida spontaneamente di allontanarsi, anche mettendo a rischio la propria vita.
Non essendo animali geneticamente programmati per vivere in branco (come ad esempio i cani o i lupi), i gatti non hanno gerarchie fisse e i ruoli all’interno del gruppo sono molto flessibili e variabili. L’arrivo di un nuovo gatto o la morte di un membro della colonia, alterano inevitabilmente l’equilibrio del gruppo; un po’ alla volta lo spazio lasciato vuoto dal gatto che non c’è più viene colonizzato dagli altri membri del gruppo, mentre il nuovo arrivato dovrà conquistarsi i suoi spazi un po’ alla volta. Lo stesso vale se a variare sono i componenti umani, che sono considerati membri del gruppo a tutti gli effetti. L’arrivo di un neonato, ad esempio, comporta un riaggiustamento dei rapporti che va gestito con delicatezza. Per fortuna i gatti sono animali flessibili e resilienti, capaci di elaborati rapporti sociali e legami affettivi sia fra di loro sia con altre specie e quando ci sono dei cambianti è sufficiente, ma necessario, che noi si faciliti il processo con affetto, pazienza e intelligenza.
S.C.
[1] Poche migliaia di anni di vita semi-domestica non hanno cancellato questo forte istinto di sopravvivenza.
[2] Dall’inglese, allorubbing: strofinamento reciproco; allogrooming: pulizia reciproca.